La meditazione nella tradizione induista

Psicologia moderna e tradizione induista

La conoscenza delle tradizioni sacre e della meditazione è indispensabile ai moderni psicologi per imparare le modalità di accesso ai reami interiori che varcano i confini della mente. Di particolare significato le tradizioni induiste e buddhiste, dotate di sofisticate psicologie oltre che di profonde filosofie.

Nel campo della psicologia occidentale le ricerche sono state rivolte maggiormente allo studio della psicopatologia. La psicologia transpersonale invece si occupa della dimensione spirituale dell’esperienza umana. I talenti cognitivi e le qualità della creatività e del benessere fanno parte della dimensione spirituale.

La meditazione scienza dell’amore di Dio

Nelle vie religiose la meditazione è chiamata la “scienza dell’amore di Dio”. Essa permette il percorso spirituale che porta alla radicale trasformazione dei contenuti imprigionati nella finitudine umana fino alla realizzazione della perfetta divina bontà.
Nella sapienza Yoga-Vedanta la meditazione è strumento di conoscenza della Realtà ultima. Si perviene alla liberazione dall’ignoranza che vela con la molteplicità fenomenica l’Essere indiviso. Nella pratica vedantina, il ricercatore comincia il suo lavoro dalla consapevolezza e dalla purificazione dei fattori mentali, i “guna” che velano la mente, impedendo al Sé di riflettersi in essa. Per prima cosa si tende alla trasformazione dei guna Tamas e Rajas in Sattva.

Il lavoro di trascendenza dall’Io

Questo lavoro di purificazione è preceduto dall’elaborazione della conflittualità e delle difese dell’Io. Solo quando la mente è purificata dai guna inferiori e ha raggiunto l’unità si realizza il vero cammino di trascendenza dall’Io e dal pensiero, che consente l’accesso al reame dell’anima.
La conoscenza transpersonale non appartiene alle possibilità della mente empirico-razionale perché varca i confini dei sensi e della mente concreta. Chi vuole conoscere lo Spirito deve riconoscere che la sua stessa natura è Coscienza, Esistenza e Beatitudine assoluta. La Realtà ultima si conosce per identità.

La meditazione è il mezzo per raggiungere il più alto livello transpersonale. Nella tradizione vedantina la realizzazione del Sé più che frutto di sviluppo è frutto del risveglio. Il Sé infatti è presente da sempre nell’individualità, anche se velato dalle sovrapposizioni formali. Per realizzare il Sé non duale occorre disidentificarsi da ogni forma che lo vela.

Meditazione buddista

Molto simile è anche lo scopo della meditazione buddista: raggiungere la non dualità, scoprire la propria esistenza oltre i confini del tempo e dello spazio, ricongiungerla all’eternità.
All’apice del suo percorso la meditazione iniziata come pratica di conoscenza della mente si rivela “mezzo per raggiungere la perfetta bontà che rende l’individuo interprete gioioso della volontà universale.”

Leggi e processi che regolano il mondo manifesto

Le leggi che regolano il mondo manifesto sono Interconnessione, Cambiamento, Causalità, Polarità-dualità.

Ogni dimensione del mondo manifesto è connessa al resto. Tutto il manifesto è in costante flusso. Ogni realtà nasce, cresce e muore. Poiché tutto ciò che comincia è destinato a finire, ogni attaccamento al mondo delle forme è portatore di dolore.

Tutto ciò che esiste nel mondo delle forme è sottoposto alla legge di causa ed effetto che qualifica il karma. Ciò che appare è l’effetto di ciò che è stato e prepara ciò che sarà. Nulla di ciò che si fa è inutile o senza conseguenze. Questa legge conferisce importanza, eticità e significato ad ogni azione dell’individuo. L’essere umano è artefice del proprio destino decidendo perfino la propria rinascita.
La responsabilità dell’essere umano verso la propria vita si riferisce non solo all’azione concreta ma anche a quella del pensiero, che è anch’esso un principio causale latore di effetti. E’ una forma vibrante che modifica lo spazio sottile in cui esiste e quello materiale su cui ha influsso.

Infine il mondo delle forme è regolato dalla confluenza di opposti. Nella concezione induista gli opposti ultimi sono Coscienza e Energia. La vita del divenire contiene il bene e il male, il piacere e il dolore e tutte le dualità.

il dharma o la legge morale

Ciò che permette all’essere umano di liberarsi dalle catene della realtà manifesta e dalle leggi che condannano al divenire e al dolore è l’esercizio del dharma. Esso è un percorso di trasformazione della persona. Essenzialmente l’osservanza delle leggi religiose e morali permette di imparare la “corretta” azione, cioè l’azione senza attaccamento che fa trascendere il karma, consentendo la liberazione dalla prigonia della reincarnazione. Attraverso il retto agire si trascende l’attaccamento al desiderio e si cessa di praticare azioni dualistiche. La retta azione non produce effetti.

I diversi sentieri dello Yoga

Ci sono diversi sentieri dello Yoga, adatti ai diversi stadi della vita, e tutti facilitano la ricerca del Sé e la liberazione dall’illusione.

Il sentiero dell’amore (Bhaktiyoga) è centrato sulla trasformazioni dei pensieri e delle emozioni egocentriche sviluppando un’attitudine unitiva verso la vita nella sua interezza. Sviluppa l’esercizio della compassione e del perdono.

Il sentiero del servizio (Karma Yoga) è quello dell’azione senza aspettative e senza desiderio, che è improntata al distacco dai frutti dell’agire, senza scopi appropriativi. Insegna l’amore e la donazione di se stessi.

Il Raja Yoga è il sentiero dello sviluppo mentale sino alla sua purificazione profonda e alla sua trascendenza. Affronta e trascende il desiderio egoico attraverso la volontà, praticando un’attenta igiene del corpo, del pensiero e del comportamento.

L’Hatha Yoga invece è una parte del Raja Yoga che essenzialmente consiste in discipline del corpo e del respiro e nella totale purificazione dei condotti energetici o nadi.

Lo Jnana Yoga è il sentiero della conoscenza della divinità attraverso la capacità illuminante dell’intelletto intuitivo. Nella pratica meditativa enfatizza il Silenzio, l’ascolto, la riflessione, la meditazione e la contemplazione.

E poi l’Asparsa Yoga è la via del fuoco ove il discepolo si interiorizza e comprende l’Assoluto nel segreto del suo cuore, senza discipline e tecniche particolari.

La meditazione Advaita Vedanta

Simile all’Asparsa Yoga è la meditazione Advaita Vedanta che porta alla liberazione dall’irreale e all’esperienza della identità con la Realtà ultima.

Per trascendere l’impermante occorre distaccare la coscienza dalla mente. Per uscire dalla polarità occorre sintetizzare gli opposti, e per uscire dalla causalità occorre interrompere l’azione egoica fatta per uno scopo personale.

Lungo la cosiddetta via del ritorno verso ciò che si è sin dall’eternità si percorrono i reami interiori e si apprende a conoscerli, trasformarli e trascenderli, si penetra negli abissi dell’inconscio e si raggiungono le vette archetipiche e le qualità sublimi dell’anima sino a sconfinare nello Spirito laddove nulla è più visiibile e tangibile perché non esistono forme e qualità.

La via alla realizzazione dell’Assoluto

Il viaggio verso la realizzazione dell’Assoluto richiede lo sviluppo progressivo di qualificazioni quali la discriminazione tra Sé e non sé,  il distacco dal non sé e lo sviluppo di qualità della mente come concentrazione, calma, pazienza, fermezza e volontà.

Le qualificazioni si sviluppano attraverso una complessa disciplina che comprende lo studio dei testi sacri e la pratica della meditazione. Lo sviluppo delle qualificazioni conduce al distacco dall’Io sino alla morte del senso di identità. Tale morte iniziatica è la premessa del risveglio alla beatitudine del vero Sé.

Usando un linguaggio psicologico si può dire che le pratiche meditative producano la sintesi degli opposti e la reintegrazione di ciò che è inconscio nella coscienza. La meditazione permette alla percezione di varcare i limiti dei sensi e della mente dualistica. E’ una via verso la perfezione, la perfetta eticità e la felicità.

I Guna o attributi mentali

Nella tradizione orientale l’intero mondo del pensiero è considerato una proiezione e tutta la percezione è considerata allucinatoria perché vela e non corrisponde alla Realtà non duale. Poiché la mente plasma l’oggetto secondo il suo stato del momento la percezione ordinaria di per sé è illusione. La realtà è non duale, fatta di pace e armonia perfetta, mentre i contenuti emotivo-mentali sotto forma di desideri, dubbi, paure, progetti, speranze sovrappongono trame particolari all’ordine del mondo e velano con il loro mutevole fluire la perfetta unità del creato.

I guna comprendono tre categorie di fattori o attributi mentali.

Il guna tamas o potere velante, ha la natura dell’inerzia. Il guna rajas, o potere proiettivo, ha la natura dell’attività, mentre il guna sattva o ritmo armonico è la sintesi dell’inerzia e dell’attività. Questi guna sono fattori percettivi che devono essere riconosciuti e discriminati ai fini della retta consapevolezza. Sono anche alla base del senso dell’identità e del comportamento.

Guna tamas e rajas

Gli attributi del tamas sono ignoranza, pigrizia, ottusità, negligenza. Il guna tamas alimenta i meccanismi difensivi che impediscono la consapevolezza. La mente non riconosce il senso e la finalità delle cose e conseguentemente è incapace di responsabilità e scelta.

Invece gli attributi del rajas sono il desiderio, la collera, l’egoismo, l’invidia ecc. Questo guna è l’origine dell’estroversione e dell’imprigionamento della mente negli oggetti manifesti. Sotto la pressione del rajas la volontà è asservita a fini utilitaristici.

Il rajasico è competitivo mentre il tamasico è passivo. Nelle menti dominate da tamas e rajas non si sviluppano qualità etiche e c’è sofferenza fisica e psichica.

Proprietà del guna sattva

Le proprietà  del sattva sono assenza di orgoglio, non violenza, non falsità, non possessività. Ma anche contentezza, ardente aspirazione, studio e abbandono al Divino. La percezione determinata dal sattva scopre l’interezza dietro l’apparente frammentazione, la causa oltre gli effetti.

I fattori sattvici sono spirituali e costituiscono i valori e le qualità superiori che appartengono a stadi transpersonali dello sviluppo dell’identificazione con la Coscienza.

Solo nella condizione della mente purificata e pregna di valori spirituali si realizza l’intuizione che consente l’accesso all’esperienza archetipica e al regno dell’Anima.

Libera dal condizionamento del desiderio, la mente sattvica non è vincolata dall’attività separativa dell’Io e contempla l’unità del creato con il solo scopo di adeguarsi al suo modello. Il sattva è il solo guna che consente la percezione trascendente.

Quindi per accedere alla Realtà bisogna sviluppare le qualità sattviche o etiche. L’eticità si sviluppa con la consapevolezza ma la consapevolezza è la base per sviluppare l’eticità.

Anche nel Buddismo l’illusione o l’ignoranza, quella nebulosità percettiva che causa la mistificazione degli oggetti di consapevolezza è considerata la sorgente degli stati mentali patologici.

qualità della mente e comportamento

Le qualità della mente sono anche fattori motivazionali che spingono all’azione. A livello di percezione sensoriale e razionale se le qualità sono rajasiche o tamasiche il desiderio si colorerà di attività o passività ovvero di avidità o negligenza ed i comportamenti saranno antagonistici o dipendenti, in accordo con i fattori della mente. Se le qualità della mente sono sattviche i comportamenti saranno unitivi e improntati all’amorevole discriminazione.

source:

Il Sè transpersonale. Psicologia e meditazione Yoga Vedanta di Laura Boggio Gilot